Il regista presenterà il suo ultimo film a Villanova Monteleone

 

Critico, regista e scrittore, Luigi Faccini è stato tra i fondatori di Cinema&Film, rivista che nel 1966 introdusse semiotica e strutturalismo nello studio del linguaggio audiovisuale. Pubblicata da Garzanti ebbe Pier Paolo Pasolini come amichevole interlocutore.

Il suo esordio televisivo nel 1970 con Niente meno di più, segna l’inizio di una carriera che lo porterà verso il grande schermo, nel 1976, con Garofano rosso, liberamente ispirato al romanzo omonimo di Elio Vittorini.

Gli anni ottanta segnano una svolta importante, Faccini rivela in questo periodo la sua caratura di antropologo e storiografo prestato al cinema. Del 1980 è Nella città perduta di Sarzana sulla presa del potere di Mussolini a cui seguono due mediometraggi, Sassalbo provincia di Sidney e L’Amiata è anche un fiume, che gli valgono il Premio Bernagozzi per la ricerca antropologica.

Da una lunga video-ricerca nell’ospedale psichiatrico di Arezzo nasce Inganni, sulla vita reclusa del poeta Dino Campana. Il film conquista nel 1984 il Nastro d’Argento alla regia e alla fotografia.
Nel 1991 realizza Notti di stelle, dedicato ai “ragazzi delle periferie invisibili”. Il film è infatti il frutto di un’esperienza di due anni di ascolto e animazione nel carcere minorile di Roma, e, successivamente, nel quartiere romano di Tor Bellamonaca, in un centro di integrazione sociale nel quale confluivano tutte le marginalità giovanili.

Nel 1997 pubblica il suo primo romanzo La baia della torre che vola e per una decina di anni alterna alla scrittura letteraria i suoi film, che hanno Marina Piperno come protagonista: Storia di una donna amata e di un assassino gentile, Rudolf Jacobs, l’uomo che nacque morendo e Diaspora, ogni fine è un inizio. Faccini ha ricevuto, per quest’ultimo film, il Nastro d’Argento alla carriera nel 2018.

Ed è proprio con Marina Piperno che Luigi Monardo Faccini aprirà il Sardinia Film Festival. Il titolo del film, che nasce dall’innamoramento di Marina per il suono delle launeddas, è Radici, cronaca ricostruita del “viaggio meraviglioso” che Alan Lomax e Diego Carpitella fecero nell’Italia del 1954-55, registrando e salvando tutta la musica popolare che stava per essere cancellata dalle modificazioni economiche e sociali del nostro paese sfociate nel boom degli anni Sessanta. Due documentari in uno che si intersecano, dice l’autore. Uno a colori, sulla musica popolare di oggi, l’altro in bianco e nero, su quella del passato. Le radici del titolo sono le tradizioni popolari, che “vanno tutelate, ma anche sviluppate”, secondo quanto sosteneva Diego Carpitella. Radici è prodotto e distribuito da Luce-Cinecittà, avvalendosi della preziosa collaborazione dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e dell’Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia. Nel cast artistico di Radici brillano le presenze di Ambrogio Sparagna, dei Tenores di Neoneli e di Orlando Mascia che saranno presenti e anticiperanno la proiezione con una loro esibizione.